Open Day

Club Nautico Riccione e Federazione Italiana Vela in collaborazione con Kinder Joy of moving promuove la cultura del mare e lo sport della Vela attraverso l’appuntamento del Vela Day.

Un evento dedicato a tutti coloro che, dai sei anni compiuti, vogliono avvicinarsi e scoprire quanto sia affascinante il mondo della vela.

Kinder Joy of moving

Vela e gioia di muoversi

Educazione, rispetto consapevolezza di se stessi attraverso la promozione dell’attività fisica fra le giovani generazioni con il supporto di  Kinder  Joy of Moving. Questo progetto internazionale di responsabilità sociale, storicamente sviluppato dal Gruppo Ferrero in oltre  35 paesi, in Italia supporta la passione dei giovani atleti sostenendo anche FIV nell’organizzazione di attività di promozione, avvicinando  i più giovani ai valori dello sport e alla gioia di muoversi. L’obiettivo comune di Kinder Joy of moving e Federvela  è quello di aumentare i livelli di attività fisica dei giovani attraverso l’attività velica , dando loro la possibilità di sviluppare una maggiore abilità motoria e aiutandoli ad acquisire comportamenti corretti il tutto  a contatto con il mare e la natura imparando a rispettarla, la vela in fondo non è solo uno sport ma  è scuola di vita a 360° .

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Iscrizioni scuola vela 2024

Scuola Vela
da giugno a settembre (riservato ai bambini dai 6)

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La tratta delle “balose”

La tratta è una forma antica di pesca effettuata direttamente dalla spiaggia, molto in uso nel medio- alto adriatico dalla fine del 1800 fino agli anni ’80 del diciannovesimo secolo.

I primi pescatori che hanno fatto conoscere questa forma di pesca alla gente di mare della costa romagnola sono stati i chioggiotti, che periodicamente scendevano con le loro barche e con la loro attrezzatura sbarcando sulle spiaggie di Cesenatico, Bellaria, Rimini e Riccione.

La tratta è anche il nome della rete che viene utilizzata per questa forma di pesca, una rete la cui lunghezza può variare dai cento metri (in questo caso prende il nome dialettale di “spuntello”) ai duecento fino a trecento metri e oltre, e che ha una forma a semicerchio con una “sciabica” centrale con sacca dove il pesce imprigionato viene poi raccolto. La tratta ha quindi due lunghi ”bracci”, l’altezza dei quali può variare da due metri fino ai tredici/quattordici metri nella parte centrale; l’altezza in corrispondenza della “sciabica” può variare dai quindici ai venti metri; la parte superiore della rete è provvista di galleggianti (i “sur” cioè i sugheri); la parte inferiore della rete è provvista di piombi per consentire che la stessa si trascini sul fondo marino. Poi dopo i bracci laterali la rete ha anche  una parte a semicerchio centrale. I bracci vengono collegati con due appositi “mazzetti” (due bastoni verticali per tenere alto il finale della rete) alle “reste”, che sono due lunghe cime per tirare la rete dalla spiaggia.

La tratta è quindi una pesca collettiva che richiede la collaborazione di più pescatori suddivisi in due gruppi: un gruppo per ogni braccio e resta della tratta.

La tratta viene calata in mare direttamente dalla spiaggia (battigia o bagnasciuga) per mezzo o di una piccola imbarcazione a remi o di un “moscone” o pattìno a remi.

La rete viene disposta con una resta sull’imbarcazione o sul moscone, quindi in mare calata da un pescatore man mano che l’imbarcazione guadagna il largo con la vogata dell’altro pescatore. L’abilità dei pescatori sta nel calare correttamente la rete a semicerchio con la “sciabica” posizionata esattamente nella parte centrale.

Una volta calata la rete, i pescatori portano a riva la resta collocata sul moscone (o imbarcazione) per permettere ai due gruppi rimasti sulla riva di cominciare a tirare la tratta sulla spiaggia. Quando la sciabica sta per arrivare vicino al bagnasciuga alcuni collaboratori vanno ad alzare la rete quando è ancora in acqua dall’esterno, onde evitare che pesci come i “cefali” (muggini) possano saltare fuori dalla rete. La pesca è ultimata quando la “sciabica” viene raccolta sulla battigia, ne viene aperta l sacca terminale e raccolto il pesce.

Il termine “tratta delle balose” è entrato nella tradizione popolare della costa romagnola da quando, nel corso della prima guerra mondiale (1915-1918), essendo i componenti di sesso maschile delle famiglie marinare mobilitati sul fronte di guerra, questi furono sostituiti dalle “donne di casa” – le arzdore- nella forma di pesca, la tratta, meno impegnativa in quanto non è previsto per la stessa l’uso di imbarcazioni in mare aperto.


La rotta del Sale

(A bordo delle barche da lavoro e da pesca con armo al terzo)

Il sale, prezioso fin dall’antichità perché utilizzato per la conservazione degli alimenti, ha legato Cervia alla Serenissima Repubblica di Venezia fin dal 1200. E’ in questo contesto che ogni anno la Compagnia del mare (flotta) della Mariegola delle Romagne ripercorre la rotta che pieleghi, bragozzi e bragagne seguivano per portare nei magazzini del sale di Venezia “l’oro bianco di Cervia”.

Dal 1400, ai tempi di Pietro Barbo, il Vescovo di Cervia poi divenuto Papa e che a Cervia portò la ancora più antica festa della “Sensa”, lo Sposalizio del Mare, i cervesi avevano contatti continui con la Serenissima anche perché per almeno mezzo secolo ne fecero parte. A Venezia fu aperto un Hospitium, inteso come rifugio, sede per la comunità cervese che di volta in volta si recava a Venezia per discutere problemi inerenti la produzione e la commercializzazione del sale. L’Hospitium dei cervesi era presso il convento dei Santa Carità, oggi Accademia delle Belle Arti, e non lontano dai Magazzini del Sale. Le case dove i cervesi risiedevano oggi esistono ancora così come esistono i magazzini del sale della Serenissima. Ai tempi tutte le merci che da Cervia partivano via mare dirette a quel sito, non pagavano ne dazi ne gabelle in quanto servivano ai cervesi qui residenti per trattare affari con la Repubblica di Venezia. A ricordo di quei fatti e di quei tempi, la flotta delle barche da pesca e da lavoro della Mariegola delle Romagne, quando dalle Camillone (saline dove ancora oggi si il sale secondo l’antica tradizione cervese) esce il primo raccolto, ripercorre la rotta a nord verso Chioggia e Venezia, portando come una volta, un carico di sale.

Giuseppe Garibaldi e i pescatori chioggiotti

158 anni fa, la notte del 1° agosto 1849, a tarda sera, il paese di Cesenatico noto anche come uno dei più importanti porti della costa romagnola, arriva improvvisamente e inaspettatamente Giuseppe Garibaldi, al comando di circa 250 volontari rimasti fedeli dalla fuga di Roma. Caduta la Repubblica Romana (1 luglio), Garibaldi cercò di andare in aiuto alla Repubblica di Venezia, all’epoca assediata sia da terra e con blocco dal mare dall’esercito austriaco. Nello stesso periodo quattro eserciti (francesi, austriaci, napoletani e spagnoli) ostacolarono le azioni di Garibaldi, che dopo un mese di scaramucce ormai lo avevano circondato. Ed ecco che Garibaldi pensa di raggiungere Venezia via acqua utilizzando la sua esperienza di marittimo, intimando alle autorità municipali che sia messa a sua disposizione una quantità di barche in grado di trasportare i suoi uomini. Vengono requisite le barche presenti nel porto canale e svegliati i marinai nelle case, furono messi in condizione di salpare. La flotta era costituita da tredici bragozzi da pesca appartenenti alla marineria da pesca di Chioggia. Salparono dunque, con molte difficoltà, la mattina del 2 agosto e si diressero verso Chioggia. La flotta fu intercettata davanti a Magnavacca e, vistosi attaccato dagli austriaci, Garibaldi e i suoi riuscirono ad ammarare per poi disperdersi nelle località diverse della Romagna. Attraverso questo episodio si vuole affrontare un momento d’incrocio tra storia nazionale e la cultura locale.

La manifestazione “Rotta del Sale” ha lo scopo di trasferire ai media ed ai visitatori l’antica cultura del mare, fatta di conoscenza della navigazione a vela antica e tradizionale attraverso il sapiente e paziente lavoro della marineria da pesca e da lavoro.

Sono loro, le barche e le vele, i colori, gli uomini della Mariegola delle Romagne insieme alla autorità lagunare il Console Luciano Boscolo Cucco, che ogni anno offrono nuove e indimenticabili emozioni legate alla storia del nostro mare

Di seguito i video della “Rotta del sale” del 2005


Restauro della Saviolina

Nel 1994 viene ufficializzata la donazione dell’imbarcazione “Saviolina” da parte della famiglia Savioli al Comune di Riccione, che ne fa la sua imbarcazione ufficiale di rappresentanza. Una delle condizioni della donazione è che la barca sia gestita dal Club Nautico di Riccione per conto del Comune stesso.

Un particolare apprezzamento va dato al maestro d’ascia Michele “Guido” Franchini che per primo si preoccupò del recupero della “Saviolina” e fin dal 1994 iniziò alcuni lavori di consolidamento dello scafo, in particolare della coperta, e di verifica totale di tutte le manovre. E’ quindi grazie all’”input” di Guido Franchini che poi successivamente si ritenne di dover procedere al completo restauro dell’imbarcazione.

Alla fine del mese di agosto 1998, la “Saviolina” cessa di navigare e viene ricoverata presso il Cantiere Manzi di Cattolica per procedere all’esecuzione di un progetto di recupero e restauro.

Progetto che vede impegnati finanziariamente il Comune di Riccione e l’Istituto per i Beni Artistici e Culturali dell’Emilia Romagna.

Sempre nel 1998 un decreto del Ministero dei Beni Artistici e Culturali sancisce che la Saviolina sia da considerare imbarcazione di particolare interesse artistico e storico e la sottopone a tutela.

Nel settembre 1999 vengono iniziati i lavori di restauro affidati per lo scafo al maestro d’asçia Alfonso Manzi e al di lui figlio Marco, per l’attrezzatura al prof. Riccardo Brizzi.

Il progetto di recupero prevede l’esecuzione di un “restauro filologico”, conservando la struttura dell’imbarcazione e riproducendone le linee d’acqua. A tale scopo viene incaricato Giuseppe Marcucci di eseguire il rilievo grafico dello scafo, ridisegnando le linee d’acqua originarie.

Così come erano all’origine i materiali impiegati sono stati i seguenti:

  • Legno di quercia per le strutture lignee portanti;
  • Legno di larice per la coperta;
  • Legno di abete e olmo per le strutture lignee complementari;
  • Acciaio galvanizzato per la ferramento;
  • Canapa per le manovre dormienti e correnti.

 

Viene altresì ricostruita la “ghirlanda di poppa” riportante l’anno di nascita.

Completato il restauro la Saviolina è in grado di riprendere il mare e di navigare in tutta sicurezza: un vero “monumento navigante”.


La Saviolina in mostra

Completato il lungo e laborioso percorso di recupero, praticamente iniziato nel lontano 1994 e ultimato nel marzo 2000, la “Saviolina” e’ tornata… all’antico splendore… Cosi come era quando si chiamava “Nino Bixio”.  Fu grazie all’impegno e al continuo interessamento di un’apposita “Commissione per la Saviolina”, che venne costituita presso il Club Nautico di Riccione e di cui facevano parte l’allora presidente Arch. Massimo Franchini, il segretario Sig. Giuseppe Fuggiano e il Dott. Stefano Medas, archeologo navale, vice presidente dell’Istituto Italiano di Archeologia e Etnologia Navale (ISTIAEN) di Venezia,  che detto percorso poté essere completato, ivi compreso l’integrale “restauro filologico”.

E sempre grazie all’interessamento della “Commissione” e in particolare del Dott. Stefano Medas, che si poté usufruire del finanziamento e della collaborazione dell’ Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia e Romagna. Istituto che fu anche promotore della valorizzazione del lavoro di “restauro filologico”, attraverso la presentazione della “Saviolina” al  “SALONE INTERNAZIONALE DEL RESTAURO” di FERRARA, il 28 Marzo 2000.

Nel frattempo, sempre su interessamento del Dott Stefano Medas, e nello specifico grazie anche alla Certificazione dell’ISTIAEN di Venezia, il LANCIONE SAVIOLINA, con D.M. del 21 Settembre 1998 del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e le Attività  Culturali, e’ stato dichiarato ( per la prima volta in Italia) “Imbarcazione di particolare interesse artistico e storico”, ai sensi degli artt. 1/3 della Legge 1/6/1939 n. 1089, e come tale sottoposta a tutela di legge (al pari di un monumento o palazzo storico).

L’ 8 Aprile 2000, dopo il Salone di Ferrara, la “Saviolina” …naviga lungo le… Autostrade d’Europa per approdare nella magnifica…
“MARIENPLATZ” di MONACO di BAVIERA, proprio davanti al
NEUES RATHAUS (Il Municipio), la Piazza principale, il… Cuore pulsante della Città, uno dei luoghi più amati dai Monacensi e dai Turisti.

Ha fatto bella mostra di se per giorni, fra lo stupore e l’incredulità  di migliaia di passanti e visitatori, riscuotendo un successo strepitoso e dando cosi’ lustro e notorietà alla cittadina turistica di Riccione-Adria


Navalia: 1° Salone della nautica in legno

7 maggio 2001: all’alba la Saviolina molla gli ormeggi con destinazione Venezia, per partecipare al primo raduno di barche storiche all’interno del “Primo Salone Nautica in Legno”, organizzato all’interno dell’Arsenale.

Il 9 maggio 2001 sull’onda delle note delle musiche di anonimo veneziano la Saviolina vira la boa di San Marco, doppia il capo dell’isola di Sant’Elena ed entra a vele spiegate nell’Arsenale di Venezia.

E’ l’ospite d’onore del Primo Salone Nautica in Legno e per l’occasione, all’interno dell’Arsenale è stato allestito un apposito stand dove,fra le vele al terzo create dagli studenti dell’Istituto d’Arte “Fellini di Riccione, con foto, DVD, pubblicazioni varie viene proposta al pubblico dei visitatori la storia della “Saviolina” , già “Nino Bixio”, nonché del suo “restauro filologico”.

In quell’occasione, oltre a “navigare nella Storia”, la Saviolina riceve il primo premio per il miglior restauro.
Sono presenti all’evento l’allora sindaco di Riccione Daniele Imola, il presidente del Club Nautico di Riccione avv. Fabio Ronci e il famosissimo skipper di “Azzurra” Cino Ricci.
Riceve il premio il maestro d’asçia Alfonso Manzi.


La ” MARIEGOLA delle Vele al Terzo e delle Barche da Lavoro delle Romagne “

I borghi marinari romagnoli, che prendono vita nei secoli scorsi, sono legati ad eventi economico-sociali che portano alla colonizzazione delle nostre marine ad opera delle flotte pescherecce chioggiotte denominate “compagnie da mare”, dedite prevalentemente alla pesca del pesce ‘azzurro’ (i sardelanti) che percorrevano rotte costiere seguendo gli spostamenti stagionali dei branchi di pesce.  Le aree di pesca a Sud del Po venivano chiamate “le Romagne”, ed in queste zone, con la crisi economica delle attività marinare chioggiotte, si insediarono le prime comunità di pescatori veneti.  Questi mantennero e divulgarono usi linguistici, costumi, arti e mestieri di lontani radici identificabili:
– nelle rotte pescherecce;
– nella vita domestica dei marinai;
– nelle vele, arricchite e riconoscibili da una simbologia (colori e disegni)
personalizzata per riconoscere la famiglia, quasi una “araldica delle
vele”;
– nelle ‘conserve’ refrigerate con neve e ghiaccio, utilizzate per la
conservazione del pesce;
– nei rapporti pescatore/pescivendolo;
– nella preparazione dei cibi, le ‘ricette marinare’;
– nelle abitazioni umili e basse lungo i porti/canali e nei borghi sul mare
( e borg ad mareina);
– nell’arte di navigare con imbarcazioni armate ‘al terzo’;
– nella predisposizione di “Tenze” (cantieri/marinerie) per la costruzione e
Il ricovero delle barche da lavoro;
– nella produzione di corde, cime, gomene e canapi, nonché reti e
ferramenta per armare le barche.

L’idea di costituire una associazione che, nello spirito e nella filosofia di riscoprire queste tradizioni, arti, mestieri e forme cooperative e corporative, possa riunire tutti coloro che intendono dedicarsi all’arte del… ‘navigare nella tradizione’ e’ nata proprio per non perdere la ‘memoria’ e tramettere alle nuove generazioni questo patrimonio di cultura e di ricchezza umanitaria.

Già prima dell’anno 1000, sorgono a Chioggia le associazioni di mestiere (corporazioni) che prendono varie denominazioni: ‘scuole’, ‘fraglie’, ‘frataglie’, ‘fraterne’, ‘congregazioni’, ‘compagnie’, ‘confraternite’.
Ogni ‘scuola’ e’ regolata da uno statuto chiamato più comunemente “MARIEGOLA” o matricola, una sorta di codice di leggi, usanze e consuetudini relative ad una attività, e, nello specifico, …l’arte marinara.
La “MARIEGOLA” e’ anche la raccolta dei termini delle regole concernenti l’assistenza degli associati.
Ogni ‘scuola’ ha un suo Santo Protettore Affine.

Viene tracciata, pertanto, una… “rotta romagnola” di arti e mestieri legati alle più antiche tradizioni della marineria adriatica.  Le città della costa romagnola condividono una cultura del mare fatta di tradizioni, simboli e linguaggi. La ‘memoria’ trasmessa dagli anziani, le vecchie immagini… sbiadite dal tempo… raccontano ancora di barche dai nomi suggestivi, dalle vele coloratissime, di …pesche miracolose, di porti e approdi, di tragici e luttuosi naufragi, di ‘ex voto’ e ‘preghiere’, di fede e superstizione.

La “MARIEGOLA” riassume tutto questo patrimonio.  La “MARIEGOLA delle Romagne” e’ stato il nome prescelto dagli armatori delle barche tradizionali romagnole. Figurano come ‘armatori’ Circoli Nautici, associazioni, Comuni, privati cittadini. Tutti uniti per coordinare attività comuni.  E’ nata cosi’ la “MARIEGOLA delle Vele al Terzo e delle Barche da Lavoro delle Romagne”.  Ogni porto romagnolo rappresenta una “Tenza” (dal nome dell’antico capannone-cantiere dove si costruivano le barche). Le “Tenze” sono rappresentate come segue:
– “Tenza di Cervia”, Circolo Nautico Amici della Vela;
– “Tenza di Cesenatico”, Museo della Marineria;
– “Tenza di Bellaria”, Associazione Barche sull’Adriatico e Comune;
– “Tenza di Rimini”, Associazione delle Vele al Terzo;
– “Tenza di Riccione”, Club Nautico Riccione e Comune;
– “Tenza di Cattolica/Gabicce”, Museo della Regina Cattolica

le “Tenze”, proprio per la loro natura e concezione associativa hanno come scopo principale, in ogni porto di appartenenza, la promozione della… “navigazione nella tradizione” e la relativa cultura.
Navigare con le… “Vele al Terzo”, che sono:

“Il TRABACCOLO”  – imbarcazione lunga da 12 a oltre 20 metri, in due versioni, quella più piccola, detta “barchet”, era usata principalmente per la pesca; quella più grande, detta “berca da viag”, esercitava il trasporto delle merci.
Di carena tondeggiante e coperta ‘a botte’, aveva due alberi e due ‘vele al terzo’  (maestra e trinchet).  Si affermo’ soprattutto nel corso dell’Ottocento in tutto l’Adriatico e nel Mediterraneo e può essere considerata l’ultima generazione dei battelli da pesca con la vela, perché cedette il passo direttamente ai motopescherecci.

“BARCHET”  della “Tenza di Cesenatico”

“I TRE FRATELLI” della “Tenza di Cervia”

“Il BRAGOZZO”. – imbarcazione di origine chioggiotta, molto particolare e caratteristica. Di lunghezza variabile da 12 sino a 18 metri, aveva il fondo piatto per consentire la navigazione nei bassi fondali della Laguna. Dotata di due alberi armati con vele al terzo, di cui quello a prua molto più corto e inclinato in avanti. Lo scafo, completamente tinto di nero, riportava a prua decorazioni con scene vivacissime, soprattutto di angeli musicanti.
Condusse nei porti romagnoli i pescatori di Ghioggia e le loro famiglie, nonché tutta la loro antichissima cultura marinara.

“TERESINA” della “Tenza di Bellaria”

“S. NICOLÒ ” della “Tenza di Cesenatico”

“La BATTANA”. – E’ la più piccola e umile tra le barche tradizionali, ma anche la più diffusa, dalla Romagna fino a Rovigo, perché il fondo piatto consentiva di alare e varare direttamente dalla spiaggia. Facile ed economica da costruire, ogni pezzo di forma rettilinea, aveva un solo albero abbattibile con una vela al terzo e un ‘polaccone’, una sorta di fiocco. Serviva per la piccola pesca sottocosta e come barca d’appoggio

Segue immagini del “CAVALLUCCIO MARINO” della “Tenza di Cesenatico”
“LANCIA e LANCIONE”. – imbarcazione lunga da 6 a 8 metri, diffusa sulla costa adriatica dalla Puglia fino a Cervia/Porto Garibaldi. Aveva scafo tondeggiante e un solo albero armato con vela al terzo e un ‘butta fuori’ (bompresso) a prua per issare il ‘polaccone’ (fiocco). Condotta solitamente da un solo marinaio, era usata per la piccola pesca costiera.
Il “LANCIONE” era una versione più grande, fino a 12 metri di lunghezza, con due alberi, armati con vele al terzo: ‘l’albero di maestra’ e ‘l’albero di trinchetta’.

“SAVIOLINA” della “Tenza di Riccione”

“MARZIA” della “Tenza di Cattolica”

“MARIA” della “Tenza di Rimini”

LA VELA AL TERZO – E’ il tipo di attrezzatura velica usata su quasi tutte le barche tradizionali romagnole. La vela ha forma trapezoidale, tesa tra un pennone superiore (e pnoun elt…) ed uno inferiore (e pnoun da bas…)
fissati all’albero a 1/3 della loro lunghezza, in modo che 1/3 della vela venga a trovarsi a prua dell’albero. Da qui il nome.
Le manovre sono semplici: “ghindazzo” (e ghindaz), per issare con la “drizza” le vele, “scotte”, “manticcio” (amantiglio), “carica- basso”, e poche  altre.
La “vela al terzo” e’ una derivazione della “vela latina” (triangolare), usata in tutto il Mediterraneo, e della “vela rettangolare” usata dalle imbarcazioni antiche. E’ una buona soluzione di compromesso, molto adatta per ‘spingere’ l’imbarcazione in pesca con le reti calate; consente anche facilita’ di manovra, discreta capacita’ di stringere il vento e buone andature in poppa e al traverso.  Diffusa in tutto il medio e alto Adriatico, e’ l’ultimo stadio di evoluzione della vela da lavoro prima dell’arrivo del motore.

BARCHE CON GLI OCCHI –  la marineria tradizionale ha ereditato usanze antichissime, ancestrali, del tutto particolari, come quello di mettere gli “occhi” (gli occhi di cubia), a volte disegnati e stilizzati, come sulle “battane”, a volte scolpiti in rilievo nel legno, come sui “trabaccoli”.
Anticamente l’usanza nasce dal desiderio di… “vedere oltre la linea dell’orizzonte”, dove non arriva l’occhio umano.

IL VELLO D’ORO –  quello ricercato dai mitici “Argonauti”, i primi grandi navigatori del Mediterraneo. Per ingraziarsi gli Dei, in particolare Poseidone (Nettuno) Dio del mare, gli antichi navigatori usavano sacrificare un montone e riporre il vello a prua dell’imbarcazione come elemento di ‘protezione’ durante la navigazione in acque burrascose. Questa tradizione e’ stata tramandata fino ai tempi nostri, sulle barche tradizionali, a prua,  c’è una scultura in legno che imita il vello di pecora, come elemento di… “buon auspicio”.
Un altro elemento decorativo, distintivo delle barche “storiche”, e’ un trave trasversale, posto a poppa (la “gioia”), sul quale e’ scolpita la data del varo con decorazioni di motivi floreali.

BANDO DELLE ADUNANZE. –  i raduni della “MARIEGOLA delle Romagne” organizzati dalle “Tenze” hanno il seguente calendario:

– Maggio (secondo week-end) – “Lo Sposalizio del Mare”, organizzato dalla “Tenza di Cervia”

-Giugno (ultimo week-end) – “Incontro Vele al Terzo”, organizzato dalla “Tenza di Rimini”

– Luglio (secondo week-end) –  “Lo Sbarco dei Saraceni”, organizzato dalla “Tenza di Bellaria”

– Luglio (ultimo week-end) –  “Festa della Madonna del Mare e della Marineria Riccionese”, organizzata dalla “Tenza di Riccione”

– Agosto (primo week-end) –  “La Partenza di Garibaldi”, organizzata dalla “Tenza di Cesenatico”

– Agosto (ultimo week-end) –  “Navigare nella storia”, organizzata dalla “Tenza di Cattolica/Gabicce”


Alba e tramonto

Navigando nella storia: Tramonti in mare

Sulla “Saviolina”, al calar del sole, quando l’orizzonte si tinge di rosso e i raggi radenti …incendiano le vele avvolgendo tutto e tutti in un romantico abbraccio… Nel caldo e accogliente seno di Venere… Con la benedizione di Poseidone… Mentre… “Zefiro torna, e il bel tempo rimena…” (Petrarca)
“…Se il notturno Zefiro blando sui flutti spira…” (Foscolo)

Navigando nella storia: Alba sul mare

Sulla “Saviolina”, alle prime luci dell’alba, quando… “L’Aurora di bianco vestita… Distende il suo manto regal…” e… il mondo si colora di tinte rosate, e le vele in bando aspettano il soffio di …Eolo per far scivolare la barca docilmente sull’onda… Fra cielo e mare… Con i gabbiani in volo che… salutano festanti


Incontri di mare

” Il Mare non ha paese… Ed e’ di tutti quelli che lo sanno e lo stanno ad ascoltare…
E par la voce di un amico…”

(“I Malavoglia” – Giovanni Verga -)

E’ l’irresistibile richiamo della voce del mare ad echeggiare ancora una volta nell’estate adriatica… Dal tramonto all’alba…
Sono tanti i luoghi trasformati in inusuali e suggestivi palcoscenici per gli appuntamenti di “Incontri di Mare”: Manifestazione promossa ed organizzata dai Comuni rivieraschi, col patrocinio dell’Assessorato al Turismo della Regione Emilia-Romagna. Eventi arricchiti da uscite a bordo delle barche storiche della “MARIEGOLA delle Romagne” , per vivere la magica atmosfera dei tramonti e delle albe sul mare Adriatico.

IL TEATRO SULLA SAVIOLINA
“IL SOGNO DEL MARE”: La “Saviolina” racconta
Progetto promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Riccione
A cura della “Compagnia del Serraglio”.
Musiche dal vivo di Tiziano Paganelli
Testi elaborati da Rodolfo Francesconi e Pierluigi Moresca
Regia di Giovanni Casadei

“… Nelle calde sere d’estate la Saviolina diventa il palcoscenico ideale per raccontare storie appartenenti a tutto quel mondo cosi’ affascinante e suggestivo che e’ il mare… Il nostro mare.
Il pubblico, seduto sul molo del porto-canale, attende l’arrivo della ‘protagonista’, la barca. Ed eccola venire dal mare, rientrare al tramonto, le vele spiegate, l’equipaggio che grida gli ordini per virare di prua e… accostare all’ormeggio.  La Saviolina, con il suo carico di vita e di storie, attracca al molo e… Lo spettacolo va a cominciare…
Come una bella signora e’ pronta a presentarsi, raccontarsi, svelarsi…
Le voci narranti sono sia femminili, perché la barca e’ …donna, sia maschili, perché l’equipaggio e’ da sempre composto da uomini…
Sono racconti che hanno come indiscusso protagonista il mare e la vita dei marinai… Narrano vicende di ieri e di oggi, sospese tra realtà e sogno.
Le note malinconiche della fisarmonica concorrono a dare emozioni ed evocare certe atmosfere popolari.
Lo spettacolo parla di mare… Una visione del mare che in se contiene tanti mari… Al pubblico tocca di ‘comporre’ il proprio mare, reale o immaginario… Tra gli odori, i colori, i sapori e i suoni del porto.